Chitarra e emozioni,

Knopfler conquista l’Hydrogen

L’ex chitarrista dei Dire Straits incanta il pubblico di Piazzola sul Brenta

Se fosse un cuoco, il ristorante di Mark Knopfler sarebbe uno di quei ricercatissimi pluristellati dove la culinaria incontra l’arte unendo l’attenzione per il “piatto” musicale, il servizio, gli ingredienti di primissima scelta e l’estro, geniale, dello chef/compositore. E il concerto di sabato a Piazzola sul Brenta è stato un live da “tre stelle Michelin”, in cui l’ex leader dei Dire Straits, particolarmente in forma (anche fisica, oltre che artistica), ha conquistato i presenti legando sapientemente i fili tra la carriera solista e i fasti dei Dire Straits. Il tour è quello legato a “Tracker”, ottavo album solista di Knopfler, uscito a marzo. Ma del nuovo disco si è potuto ascoltare solo “Broken bones”, in apertura di un set iniziato con la band schierata mentre tiene il ritmo con le mani per l’ingresso (con tanto di lancio del presentatore) del “Sultano della chitarra”.

Il rock pienissimo di “Broken bones”, lascia spazio al folk-country di “Corned Beef City”, da bottlenck sul manico della chitarra. Se la grandezza di un chitarrista sta nella capacità di creare un suono e uno stile immediatamente riconoscibile, allora Knopfler è uno dei più grandi: il suo tocco su una delle oltre dieci chitarre utilizzate durante il live, è unico: un marchio di fabbrica impossibile da copiare. «Va tutto bene? Siamo tornati a suonare nella fantastica Italia – dice il cantautore scozzese prima di scherzare con il pubblico – con una standing ovation facciamo un solo bis, senza standing ovation ne facciamo due!». “Privateering”, dal cuore acustico, sa di paesaggi lontani dell’Ovest. “Father and son”, ripescaggio dalla colonna sonora di “Cal” del 1984, è arrangiata in chiave folk-rock con flauti, violini e cornamusa elettrica che riportano alle Highlands scozzesi. Dopo una piena “Hill farmer’s blues”, supportata da una band di fuoriclasse, arriva il momento dei ricordi. Il palco diventa un cielo stellato per una strepitosa “Romeo and Juliet” dei Dire Straits, esaltata dal sassofono di Nigel Hitchcock, presente solo in alcune date del tour. Ancora un pezzo da novanta come “Sultans of swing”, fedele ed elegantissima, suonata in formazione “ridotta” con Knopfler, chitarra, basso e batteria.

Per “Haul away” il gruppo torna al completo con Guy Fletcher alle tastiere (dal 1984 membro dei Dire Straits), Richard Bennett alla chitarra, Jim Cox al piano, Mick McGoldrick ai fiati e flauto, John Mc Cusker al violino e mandolino, Glenn Worf al basso e Ian Thomas alla batteria. Ancora un brano degli Straits come “Your latest trick”, anche questa impreziosita dal sax di Hitchcock con il quale Knopfler raddoppia il suono sul finale accarezzando una Gibson vintage. C’è tempo per la presentazione della band su una corale “Postcards from Paraguay”. E il finale mette al fianco il meglio dei due mondi di Knopfer: “Speedway at Nazareth”, uno dei migliori pezzi solisti, e una versione delicatissima “Telegraph road” dei Dire Straits sulla quale il chitarrista si tira su le maniche per suonare la dobro, mostrando i polsini nascosti prima dalla camicia: forse l’unica cosa che gli è rimasta degli anni Ottanta. Ormai il pubblico è tutto sotto alle transenne e vi rimane per i bis. Una malinconica “So far away” ancora degli Straits (il verso d’apertura “Here I am again in this mean old town” è cambiato con “Here I am again in Italy”) e la chiusura con “Going home”, ultimo brano della colonna sonora di “Local hero” del 1983, che saluta il pubblico richiamando sul palco anche il sax di Hitchcock.

20 luglio 2015

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