Eccoci qua, ultima notte del nostro bellissimo viaggio prima del rientro a Delhi. Giornata anche questa di avvicinamento alla metropoli. Prima però abbiamo visitato il forte all’interno della città di Bikaner e qualche antica Haveli durante il percorso.

Siamo alla resa dei conti, ormai e ci stiamo domandando cosa ha significato per noi questo viaggio.
Effettivamente, quello che dicono di questo paese ė in parte vero:
Incredible India. Abbiamo visto e vissuto tantissime sfaccettature che non pensavamo potessero esistere in un unico posto:i colori sgargianti del Rajiastan con le sue fortezze e palazzi che richiamano tempi ormai lontani; il cibo speziato che riempie il palato di noi occidentali, non abituati a questi sapori; il loro “disordinato” ordine nelle strade e nei vicoli di queste città affollatissime; il districarsi alla guida cercando di evitare la mucca sacra lì, il cammello di la e il gregge di pecore di qua; le belle donne avvolte nei loro splendidi Sari. Ma a tutto questo  bisogna contare anche il rovescio della medaglia. Tanta povertà, tanto degrado e stanta sporcizia per le strade e lungo i corsi d’acqua. Discariche e fogne a cielo aperto e la popolazione che fa i propri bisogni dove capita. Molte persone con menomazioni fisiche anche pesanti, da sole agli angoli delle strade a chiedere l’elemosina; alle volte nemmeno quella, sapendo di avere il destino già segnato e confidando nel loro Karma per una futura vita migliore. Gli animali, abbandonati perché non più utili per il latte e quant’altro, che cercano il cibo nelle discariche o mangiano resti di altri animali morti lungo la strada. Qui sono veramente in tanti; secondo le stime dovrebbero essere circa un miliardo e duecentomila persone, tante delle quali obbligate a sbarcare il lunario in qualche maniera e portare a casa alla fine della giornata qualcosina da mettere sotto i denti. E con tutta questa gente, bisogna sgomitare, trovare lo spazio, un pertugio per poter emergere rispetto al resto della gente. Immagino che questo non debba essere facile, ne per loro, n’è tanto meno per noi capire tutto questo.
Non conosciamo il resto del paese, ne abbiamo visto in fondo solo una piccola parte. Ma se come abbiamo letto, il Rajiastan ė la parte meno traumatica per chi visita questo paese……
Quando siamo partiti, ci ė stato detto che avremmo trovato tanta spiritualità durante questo viaggio. Pensavamo di trovare chissà quale santone che avrebbe spiegato il significato di questa o quella divinità, di entrare nei templi e venire avvolti da un non so che di mistico. Tutto questo non ė successo. Abbiamo trovato templi pieni di “sacerdoti” e seguaci, questo si. Ma pronti subito ad imprimenti il bollino giallo sulla fronte e a chiederti soldi per mandare avanti la baracca. Altri ancora chiedevano una offerta senza fare nemmeno lo sforzo di segnartela, la fronte. Uomini fuori da questi posti sacri pronti ad aggredirti con la richiesta di soldi in cambio di un loro servizio come guida oppure di una visita al loro negozio. Ripeto: non so come ė il resto di questa India tanto decantata per la sua spiritualità e non so se ė diversa (credo proprio di si) dall’ India di tanti anni fa. Oppure che noi non siamo fatti per queste cose. So per certo, e vi prego di credermi, che qui non abbiamo trovato che le briciole di quella che realmente ė la spiritualità trovata in Biarmania e Laos. Li si, che ci ritrovava in un altro mondo, quando si rimaneva senza fiato dentro ai templi o all’alba durante la questua dei monaci. Ma quella ė stata una altra avventura.
Che dire, quindi, di questo paese. Ė stato comunque meno traumatico di quanto pensassimo. Difficoltà  con le persone non ne abbiamo avute, con il cibo nemmeno e il temuto incontro col il corri-corri in bagno nemmeno. La cosa che ė stato difficile fare ė stata quella di abituarci a tutta questa marea di gente ovunque, ad ogni ora del giorno e della notte, pronta a chiederti qualche cosa e, alle volte, ancora più pronta a rifilarti la classica sola. Ė come vivere per quasi tre settimane al centro dei famigerati mercatini di Natale durante il ponte di S. Ambrogio. Ditemi voi…. Io poi che sono mezzo orso….
Come ci ha detto Birgit ( anche questa volta le ha azzeccate tutte), dobbiamo tornare a casa e metabolizzare questa avventura. Ripensarci con calma tra qualche giorno, settimana o mese. Puoi succederà qualche cosa, scatterà il classico interruttore che ci farà capire se amare questo paese o odiarlo. Io penso che impareremo ad amarlo, magari leggendo qualche cosa di più su questo popolo, sulle sue caste, sul suo modo di vivere e perché no, anche di morire. Chissà. 
Un libro che ho letto di recente, prima di partire ė stato: la città della gioia, ambientato negli slum di Calcutta. Ė un libro che consiglio di leggere, per chi vuole farsi una vaga idea di cosa ė anche l’India. Ma vi prego, non guardate il film perché in confronto al libro, ė una cagata pazzesca (Scusate il francesismo).
A proposito: questa sera al ristorante del Haveli Vivaana, dove siamo alloggiati, ė arrivata una comitiva di francesi, appunto. Oltre che fare un casino atomico, c’era qualcuno di loro in cravatta che, appena seduto, si ė pulito le mani con il disinfettante portato da casa. Ma tu dimmi….. Già che sei francese e vabbė…vieni in India e ti presenti a cena in giacca e cravatta e fai lo schizzinoso pulendoti le mani con il disinfettante. Tu, franzoso, che ti metti la baguette sotto l’ascella prima di mangiarla? Ma per favore.
 
Battutaccia a parte, incameriamo una altra fantastica avventura in una altra parte di questo bellissimo mondo, che ė ancora grande e pieno di posti che ci aspettano.
Non arrabbiarti mammina, ma dovrai abituarti a vederci viaggiare in posti lontani e così diversi dai nostri, ancora per tanto tanto tanto tempo.
 
La vita ė un viaggio e viaggiare ė vivere due volte.
 
Namastė, incredible India.